
15/10/2025
“Quando ci vuole… ci vuole!
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“Non si tratta di picchiare i bambini ci mancherebbe! Siamo tutti d’accordo sul no alla violenza in tutte le sue forme, ma non esageriamo!”
“Uno scappellotto non è picchiarli e quando ci vuole ci vuole! Qualche volta è l’unico modo per ottenere un risultato!”
Giusto? Io penso proprio di no.
Certo, uno scapaccione funziona. Perché fa male e soprattutto fa paura. Per paura di “prenderle” si obbedisce!
Ma siamo sicuri che è bene indirizzare i comportamenti corretti con la paura?
“Se lo fai te le suono!” ?? Perchè... "Solo così capisce?"
Capisce? Che capisce? Quale è il nostro obiettivo?
Un risultato a breve termine, “ha obbedito!”, “Come sono stato bravo ad educarlo!” ??
Oppure un risultato a lungo termine, per la vita, che gli insegni a gestire le sue emozioni e l’autocontrollo in un contesto di autostima?
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La verità è che le botte sono inutili e confondono, lasciano una traccia profonda e fanno male alla persona, non al culetto!
Perché?
Perché quando dobbiamo censurare un comportamento dovremmo focalizzarci sul “fare” non “sull’essere” e facilmente i bambini confondono le due cose!
“Non si fa!”
“Ma resti sempre bello buono e bravo!”
“La tua mamma e il tuo papà continuano a stimarti, sempre!”.
Censura sul fare sbagliato; ma "l'essere" non si tocca!
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Servono "le botte" per far “capire meglio”? NO! Servono per non far capire niente!
Il dolore delle "botte" che si accompagnano sempre a minacce, facce brutte e toni di voce aggressivi, occupano infatti tutta la scena!
Il bambino spaventato, attraverso la paura attiva i suoi sistemi di difesa con una inondazione di cortisolo e adrenalina.
Questo blocca la sua azione per sfuggire al danno (“come siamo stati bravi a farci obbedire!”), ma blocca anche tutti i circuiti del suo pensiero!!
E allora… Le "botte" fanno “capire meglio”? No, ripetiamolo: non fanno capire niente!!
Il pensiero razionale, a due tre anni, è immaturo e in formazione, quindi fatica a comprendere il senso e il perché, ma travolto dallo tsunami degli ormoni della paura elabora convinzioni e comportamenti che diventeranno struttura della sua personalità.
Il bambino picchiato si sente cattivo e non riesce a comprende in realtà il senso della censura di un comportamento sbagliato.
“Ma obbedisce!” Certo. Per paura.
Ma la paura è paralizzante ed è uno zaino sulle spalle che diventerà insicurezza, rabbia repressa e incapacità a gestire problemi.
Diventerà percezione di un sé cattivo che sarà devastante.
Senza una buona autostima il bambino sarà infatti destinato ad essere un adulto insicuro e fragile.
Il bambino picchiato sarà probabilmente un adulto che picchierà perchè non saprà gestire il confronto diversamente.
Sarà un adulto che "non si vuol bene" e avrà difficoltà a controllare le sue emozioni negative.
In ogni situazione della vita dovrà fare i conti con la rabbia accumulata e repressa dentro di lui.
Sarà una condanna?
No. La vita è lunga e le capacità riparative del cervello sono grandi. Le carezze possono guarire anche le ferite più brutte.
Ma non avere ferite da guarire è meglio!
E i "cinque minuti" che scappano alle mamme e diventano complessi di colpa raccontati come confessioni?
Sappiamo che non vanno bene, ma le cadute servono per imparare a non cadere di nuovo ed evitare le buche davanti al cammino!
Non per fermarci impantanati in un processo su quanto sono siamo stati stupidi a non evitare quella buca e camminare voltati indietro a guardarla!
Il grande Winnicott lo insegna: viva le “mamme sufficientemente buone”, che nonostante qualche caduta restano sempre le migliori!