
02/07/2025
DONNE E MOTORI, GIOIE E DOLORI
Abbiamo ricevuto molti messaggi da donne, ma anche da uomini, sullo spettacolo di “sexy car wash” che ha avuto luogo a Trinitapoli e che è stato commentato, stigmatizzato, biasimato e ridicolizzato su social, televisioni e quotidiani. Vi proponiamo una riflessione che ci ha inviato la studentessa universitaria ROSA MAGLIO sull’argomento.
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Domenica 29 giugno in Viale Primo Maggio si è tenuto un evento promosso e patrocinato dal comune dal titolo “Ieri oggi e domani” e -cito testualmente- “Una serata mozzafiato, motori rombanti e un’atmosfera di entusiasmo e passione”. La passione per il machismo. Insomma, si mangia, si beve e si assiste ad un car wash per grandi e piccini.
Mi batto da anni nei collettivi transfemministi per sovvertire il sistema patriarcale e costruire un modello di società privo di sessismo, violenza e machismo, in cui l’educazione sessuale e affettiva, da promuovere nell’infanzia, è uno dei primi passi da compiere. Ora il problema che si pone, lasciando stare per un momento valutazioni morali ed estetiche di ogni sorta, è la presenza di bambini che hanno assistito a comportamenti triviali e oggettificanti compiuti da uomini adulti, sconosciuti o padri. Qui i più accaniti sostenitori del concetto di positivismo sessuale liberale e i più timidi vo**ur grideranno in coro BACCHETTONA, ma vi assicuro che non è proprio questo il caso perché l’analisi che va fatta non è sulla performance o sulla performer, che è semplicemente una donna che lavora, si esibisce come meglio crede e non ha alcuna responsabilità pedagogica. In un mondo intriso di cultura dello stupro, in cui dall’inizio di gennaio in Italia sono state uccise 30 donne, è necessario riconoscere il ruolo dell’educazione che gli uomini ricevono sin da bambini e la prima istituzione sociale e culturale da cui un bambino apprende cosa voglia dire e significhi essere e diventare un uomo è la famiglia. Dobbiamo interrogarci su più questioni: innanzitutto sul tipo di modello che stiamo trasmettendo alle nuove generazioni, che senza fare allarmismo, hanno subìto una regressione totale sui temi della violenza e sul ruolo delle donne nella società, sulla mascolinità, che sta assumendo sempre di più connotazioni animalesche, violente e sessualizzanti nei confronti delle donne; e poi sul ruolo dei padri nelle famiglie. I padri sono sempre esonerati dal ruolo di educatori ufficiali nella crescita del bambino: vengono completamente deresponsabilizzati dal ruolo di cura ed educazione, ma sono il principale modello su cui si fonderà il concetto d’amore e di identità del figlio. Alla notizia di uno stupro o di un femminicidio avete mai sentito il commento “E’ colpa del padre che non gli ha insegnato il rispetto”? No, è sempre colpa delle madri e della loro incapacità di tirar su un uomo. In questo enorme gap che si crea tra i vari messaggi contrastanti, veicolati dalle istituzioni preposte all’educare come la famiglia, la scuola e perché no, anche la parrocchia nei piccoli centri come il nostro, vengono fuori abomini di ogni sorta, perché l’unico accesso alle informazioni riguardanti la sessualità e l’affettività arrivano dal mondo della pornografia: un mondo fatto di inquadrature mirate solo sui volti delle donne che subiscono il sesso, in cui non viene mai espresso il consenso e in cui esistono categorie come “rape”. Demandando di generazione in generazione l’educazione dei figli maschi, si è creato il fenomeno sistemico della violenza di genere. Molti mi diranno “Ma che esagerazione! Quelli che commettono efferati femminicidi sono mostri, mosche bianche, semplici matti. Dal dire “bel c**o ad una ragazza abbassando il finestrino, al commettere un omicidio o uno stupro ce ne passa”, e invece no perché la strada dell’uomo violento è fatta di numerosi step, uhhhh come è lunga! Si comincia sin da bambini con la visione di comportamenti reiterati di mascolinità tossica, gli stereotipi, le battute sessiste, fino alle molestie non percepite dagli stessi come tali, e poi una palpatina qua, una diffusione di contenuti intimi senza consenso la, un pizzico di mentalità INCEL ( acronimo di Involuntary Celibate, celibi involontari) che fa sempre comodo, e infine, dopo tanto sudore nel salire i gradini di questa scala in discesa, eccolo pronto: l’uomo violento.
Bene, dopo questa premessa, è arrivato il momento di analizzare il tessuto sociale che attraversiamo e costituiamo, volenti o nolenti, ogni giorno nella nostra città. L’abbandono più totale da parte delle istituzioni preposte all’educazione, alla cultura e alla cura del cittadino, hanno portato ad una situazione di degrado assoluto, nella quale accade che in una tiepida serata estiva si svolga une bella mostra di auto e moto d’epoca e che ad unire “appassionati e famiglie in un momento di condivisione e divertimento”, arrivi la famigerata esibizione.
Studio cinema, e l’analisi tecnica ed estetica dell’immagine è per me una componente fondamentale per leggere la realtà. Se dovessi quindi fare un’analisi competente sarebbe: esterno notte, campo medio, uomini sostenitori del modello di famiglia tradizionale, percuotitori di petti durante le funzioni religiose, padri, mariti e figli (come noi siamo “prima di tutto madri, mogli e figlie”) ,mettono in scena un grottesco cabaret, in cui senza troppe remore e con la maestria che si acquisisce solo dopo anni di duro impegno nell’ambito della sessualizzazione del corpo femminile, si strofinano, si stropicciano e infine si accasciano ormai sfiniti su un fondoschiena. Ci colgo anche qualche omaggio a Salò e alle 120 giornate di Sodoma, ma questa è solo una mia suggestione confermata dall’invito alla partecipazione dalla pagina social del comune di Trinitapoli che ci descrive l’evento “all’insegna della passione e della tradizione”. Certe tradizioni sono dure a morire, ma si sa, se ce la passione c’è tutto! Ora come ora, trovandomi a tracciare la conclusione di questa riflessione mi sorge con orrore un’incombenza: quella di essermi attirata delle antipatie scrivendovi queste righe. E che fatica sarà, signore mie, subire l’onta del disprezzo che riceverò dopo aver scritto queste mie parole, colpevole di aver puntato il dito del giudizio per la prima volta contro l’uomo: la creatura perfetta, la creatura istintiva, quella che non deve chiedere mai, che possiede i figli e li nomina per sangue ma che è un personaggio secondario nella loro formazione. Voglio cercare di rimediare, fare la sottomes… anzi no, la brava come dite voi, e dire a chi si sentirà toccato: se non eravate lì non avete colpa, ma se le mie parole vi offendono non siete assolti.