Insofferenti alle Catene

Insofferenti alle Catene Lotto contro ogni forma di oppressione, smascherando il privilegio e rifiutando la neutralità. Qui non c’è spazio per la complicità, solo per la resistenza.

Questo è uno spazio per chi è pronto a combattere il sistema, senza scuse, senza compromessi.

08/22/2025
Primo tatuaggio della mia vita ❤️🏳️‍⚧️🏳️‍🌈Spiego il mio posizionamento identitario:Sono una persona trans. I miei pronom...
08/08/2025

Primo tatuaggio della mia vita ❤️🏳️‍⚧️🏳️‍🌈

Spiego il mio posizionamento identitario:

Sono una persona trans. I miei pronomi sono maschili e neutri.
Sono un ragazzo trans non-binary - non sono sicuro, ma forse il termine tecnico è transmasc?
Il mio aspetto, la mia voce, il mio modo di vestire potrebbero non rendere questa cosa immediatamente evidente. Ma non sono una donna. Non lo sono mai stato e non lo sarò mai.

Rispettare i miei pronomi - maschili e/o neutri - richiede una sola cosa: rispetto.
Non devo sottopormi a una medicalizzazione obbligatoria per "meritarlo".
Se farò dei passi di transizione fisica sarà per me e quando lo deciderò io, non per soddisfare lo sguardo altrui.
Il mio corpo ha già ben poco di stereotipatamente femminile e non devo "maschilizzarmi" forzatamente per ottenere legittimità: non vi devo un aspetto "più maschile", né una performance da "uomo vero" secondo i cliché. Che è quanto di più trovo tossico, fra l'altro.
E no: non devo indossare una canotta sporca di sugo, né lavarmi con la benzina agricola per essere chiamato con i pronomi corretti.

Mi riconosco in ciò che scrisse Monique Wittig: "Le lesbiche non sono donne".
Non perché vivano in un limbo ontologico, ma perché, nel sistema eterosessuale, donna non è una semplice categoria biologica: è una posizione politica di subordinazione all'uomo.
Rifiutare quel ruolo significa collocarsi fuori dal binarismo gerarchico che lo sostiene.

Ma anche per questo, è qui arriva il punto: non mi identifico nell'uomo.
Perché, se nella struttura patriarcale la donna è la subordinata, l'uomo è il predatore e prevaricatore. E questo è ciò da cui sono più lontano possibile.
Sono attratto da persone socializzate come donne (cis, trans, non-binary, intersex), e continuo a definirmi lesbica, non "uomo etero".
Lesbica per me è importante: non è solo un orientamento, ma un'identità che parla di resistenza, di affinità e di rifiuto dei ruoli imposti dal patriarcato.

Forse anche per questo non credo di voler ricorrere a una transizione fisica.
Il mio corpo, privo di forme accentuate, è già lontano dagli stereotipi femminili - salvo agli occhi degli over 40 tossici a cui eccita la fantasia della "ragazzina indifesa predabile" che proiettano solo in base al mio corpo minuto.
Questa non è attrazione: è l'egomania patriarcale che si alimenta del potere di ridurre l'altro a oggetto fragile da possedere.
Ma assolutamente non voglio il corpo machista di un uomo.

E per l'espressione estetica vale lo stesso discorso: mi piace curarmi, e rivendico il diritto di farlo.
Il fatto che molti uomini si trascurino non è "naturale", è frutto di un pensiero misogino che dice: sono io che scelgo, sono io il cacciatore, il prodotto da valutare è la donna - e deve solo farsi comprare.
Quando mi vesto in modo più socialmente "sexy", non solo mi sento strafigo, ma ho anche la possibilità di rivendicare che il mio corpo assegnato femmina non è osceno, non è "provocante", non sta invitando nessuno al sesso solo perché ho una v***a e un seno (minuscolo).

Il pronome maschile, oggi, mi fa sentire bene: è la validazione del mio non essere donna.
Il pronome femminile, al momento, non mi fa sentire a mio agio, salvo nei contesti transfemministi FLINTA dove usiamo il femminile sovraesteso, dove c'è il rifiuto radicale di tutto ciò che ho appena detto, e, in quei casi, sono a mio agio con tutti i pronomi.

Le cose potranno cambiare. Se e quando accadrà, lo dirò io. E andrà bene così.

Compagnə, sorelle, vi chiedo aiuto.Condividete più che potete. Condividete questa raccolta fondi, che è anche una denunc...
08/06/2025

Compagnə, sorelle, vi chiedo aiuto.
Condividete più che potete. Condividete questa raccolta fondi, che è anche una denuncia, perché io non ho i privilegi per farcela da solə.
Perché il mio corpo, la mia identità, la mia esistenza stessa sono considerate sacrificabili.

Come probabilmente moltə di voi, sono natə dalla parte sbagliata della storia, secondo chi questa storia la scrive con il sangue:
con un corpo disgustosamente $e$$ualizzabile, ma una personalitá che non si piega e un orientamento che non serve al patriarcato.
Sono cresciutə dentro una casa violenta travestita da famiglia, poi sono statə spezzatə da istituzioni che hanno confermato che sì, ero io il problema.
E invece no.
Il problema è il sistema.

Se muoio, se mi ammalo, se crollo, va bene così per lo Stato.
Perché non valgo, non rientro. Perché per questo Stato patriarcale, misogino, abilista, omolesbobitransfobico e fascista,
se crepo, è un problema in meno.

Io non chiedo ca**tà.
Io chiedo giustizia, rete, sorellanza, mutuo soccorso.
Io chiedo voce. Per me, e per tuttə.

Chi può, aiuti. Chi non può, condivida.
Chi c'è, non taccia.

Perché il femminismo o è intersezionale o non è.
Perché la rivoluzione o è collettiva o è vetrina.
Perché sopravvivere è già resistenza.

https://gofund.me/abc8d784

07/14/2025

Ho preso parola.
Al Salento Pride, davanti a corpi, cuori e storie che come la mia, spesso, non hanno avuto voce.

Ho parlato di lesbofobia, di misoginia, di violenze sottili e dichiarate, di consenso calpestato, di ciò che troppe volte si finge di non vedere anche dentro i nostri spazi.
Ho parlato da persona nata con v***a in una società dove ciò dovrebbe rendermi subordinatə, da persona lesbica, non binaria, autistica, abusatə e sopravvissutə ad ogni genere di violenza, da corpo e mente dissidente che non si piega e non chiederà mai più il permesso di esistere.

Il mio intervento è stato accolto con attenzione, calore e rispetto.
E di questo voglio ringraziare Salento Pride, e Libreria Circe che mi ha sostenutə e creduto fin dall'inizio, e ognunə di voi che ha ascoltato, si è emozionatə, mi ha abbracciatə con lo sguardo o con le parole.
Essere credute in una società dove invece si è normalmente zittite è una forma d'amore.

La mia voce non è, e non sarà mai più sola.

Quest'intervento è per chiunque voglia continuare a lottare contro ogni forma di oppressione, anche quando è scomoda, anche quando si manifesta là dove dovrebbe esserci accoglienza.

Perché il Pride non è una festa.
È memoria, è lotta, è denuncia, è rivendicazione, è cura radicale.

⚧️💜🏳️‍🌈🏳️‍⚧️

Si IG: https://www.instagram.com/reel/DMFLfk5sL1b/?igsh=ZWM1ZGU4MGQ0MDNh

Io ero totalmente schiava della ceretta.Me la facevo totale anche in inverno.Ora con 40 gradi ovviamente per non rischia...
06/11/2025

Io ero totalmente schiava della ceretta.
Me la facevo totale anche in inverno.

Ora con 40 gradi ovviamente per non rischiare di svenire devo scoprirmi.
Ma non faccio la ceretta da mesi.
Non posso usare il rasoio perché soffro di follicolite, e non ho intenzione di provocare danni al mio corpo.
Non è una "provocazione".
Non è per "mandare un messaggio".
Ma perché sono povera.
Perché campo con 300 euro al mese di invalidità civile.
Da dividere tra affitto e poi devo scegliere ogni giorno se comprare da mangiare o fare le fotocopie per l'università, se prendere il detersivo o lo shampoo.

Ho una condizione di salute che peggiora ogni giorno. Dolori nervosi e articolari, crampi che mi spezzano le gambe di notte e di giorno, stanchezza cronica, nausea, scosse elettriche, rigidità, debolezza.
E ancora nessuna diagnosi. Nessuna cura.
Solo liste d'attesa infinite o medici privati che posso permettermi solo grazie a chi ha scelto di aiutarmi con una raccolta fondi.

E secondo voi.....adesso dovrei usare quei soldi per farmi la ceretta?
Per non turbare il narcisismo fragile di qualche maschio misogino?
O di qualche donna femminilizzata - e no, non è un insulto, è quel concetto usato per prima da Judit Butler (A partire dal 1993 con "Bodies that Matter" usando il termine "girled", "girling" e "feminized", tradotti in italiano con "femminilizzata" in tutti i casi), per d scrivere quando la soggettività delle donne viene costruita interamente a partire da ciò che soddisfa il desiderio patriarcale. Quindi, un termine che descrive come anche le persone socializzate donne interiorizzano il ruolo di oggetto sessuale, al servizio dello sguardo patriarcale odiando le socializzate donne che nonostante abbiano avuto la sola sfortuna di nascere con la fi4a, non ci sottomettiamo come loro a quel ruolo.

La mia domanda è: i disturbi psicologici degli altri devono diventare responsabilità mia anche quando io sto vivendo nel dolore e nella fatica?

Non sono sessualizzabile?
Ma meno male!
Tanto resto lesbica lo stesso.

Qui il problema non sono i peli.
Il problema è il patriarcato, che produce disturbi di personalità narcisistici, soprattutto negli uomini socializzati come tali, e crea aspettative deliranti sui nostri corpi.
Sì, è delirante la pretesa che ai corpi con va**na non crescano i peli.

E comunque se sei glabra, gnocca e dici "no", si triggerano.
Perché la loro erezione diventa inutile.
Ovviamente mi è successo tutta la vita.
Se hai i peli, si triggerano lo stesso.
Perché la loro erezione non arriva proprio.
In entrambi i casi, se il tuo corpo non serve a soddisfare il loro pene sei difettosa.

Perché per il patriarcato le persone con va**na socializzatə donne non sono esseri umani.
Siamo giocattoli sessuali.
Se non funzioniamo come "dovremmo", vuol dire che siamo difettose, da aggiustare, o rotte da buttare.

06/11/2025

Una delle questioni del referendum, è stata di abbassare da 10 a 5 anni il requisito per ottenere la cittadinanza italiana.
Perché l'Italia è ancora uno dei Paesi più razzisti e restrittivi d'Europa sul tema della cittadinanza.

Ma poi, l'Italia è anche, senza giri di parole, uno dei paesi più incivili dell'Unione Europea.

In Italia:
- Non esiste ancora il matrimonio egualitario. Le famiglie q***r vivono nella precarietà legale, nei cavilli, nelle adozioni negate, nei lutti non riconosciuti.
- La GPA, invece di essere regolata, è stata definita reato universale.
- Le persone trans devono ancora dimostrare di "soffrire abbastanza" per essere riconosciute.
- Non c'è neanche l'immaginazione di una possibile parità di genere. Se hai la sfortuna di nascere con la fi4a non puoi neanche uscire di casa con una gonna senza essere almeno molestata.
- Gli aborti sono negati da medici obiettori, e in certe regioni il diritto esiste solo sulla carta.
- Chi è povero è criminalizzato. Chi è disabile è parcheggiato. Chi è grasso è deriso.
- Chi lotta per i diritti è definito estremista.
- Le scuole sono fatiscenti, i consultori svuotati, le case popolari scomparse, le università élitarie.

E ancora si parla di "merito" come se vivessimo in un paese dove partire uguali fosse la norma.

L'Italia quindi, a conti fatti, è un paese dove la dignità vale solo se sei bianco, maschio, eterosessuale, ricco e possibilmente cattolico.

E allora, davvero abbiamo il coraggio di tirarcela per la cittadinanza? 😅

"Sarò esattamente la figlia che hai cercato di cancellare"Mi hai partorita solo per costruirti uno specchio.Non una figl...
06/10/2025

"Sarò esattamente la figlia che hai cercato di cancellare"

Mi hai partorita solo per costruirti uno specchio.
Non una figlia: un riflesso da manipolare.
Un trofeo da esibire, una bambola da imbellettare.
Un riflesso addomesticato.
Una bambina docile, muta, riconoscente.
Ma io non ero docile.
Non ero muta.
E la riconoscenza non la concedo a chi mi calpesta.
Non riflettevo la tua immagine.
Io ero un errore del sistema.
Un bug nella tua commedia.
Io ero vera.
E la verità ti accecava.

Io ero viva.
Curiosa.
Intraprendente.
Testarda.
Avevo dentro l'istinto del volo,
e tu me l'hai odiato fin da subito.

Dicevi che tua madre è morta quando avevi cinque anni.
Lo racconti ancora, tutti i giorni,
quasi fosse una medaglia.
Dicevi che la tua matrigna ti odiava.
E io, che avrei dovuto capire.
Compatire.
Giustificare.

Ma allora dimmi, madre,
perché hai fatto di me la nuova matrigna da odiare?
Perché ogni giorno hai riversato la tua bile su di me,
su quella figlia che ti disgustava solo per il fatto di essere lesbica e trans?

Ma la verità è che ti facevo paura.
Perché io incarnavo tutto ciò che a te è stato tolto.
Io portavo nel corpo la libertà che a te hanno strappato, e che tu, invece di rivendicare, hai deciso di odiare per invidia.

Mi hai chiamata pu***na.
Perché capivo il mio desiderio.
Perché non mi vergognavo delle mie pulsioni.
Perché non volevo un uomo.
Perché non volevo nessun uomo.
Perché sapevo cosa volevo e non chiedevo scusa.

Ma chi era la malata, in fondo?
Chi è che si vanta di non aver più fatto sesso dal 1994?
Chi è che dice che il sesso serve solo a procreare, e che tutto il resto è perversione, è schifo, è malattia?

Tu, che mi chiamavi pervertita, mi odiavi perché io volevo solo godere.
Perché io volevo solo vivere.

E già quando ero bambina, dicevi
"Eh, peccato. Avresti dovuto nascere maschio".
Ogni volta che vedevi in me la forza.
Ogni volta che mi rifiutavo di piegarmi,
di tacere,
di comportarmi "come si deve".

Il tuo disprezzo è nato prima ancora del mio orientamento.
Non mi odiavi perché amavo le donne.
Mi odiavi perché amavo me stessa.
Perché avevo in me quelle qualità
che nella tua testa spettavano solo agli uomini:
la libertà, la dignità,
il coraggio di pensare e di scegliere.

Mi hai odiata perché non mi potevi controllare.
E allora hai provato a spezzarmi.
Hai fatto di me un bersaglio a lungo raggio,
una crociata privata contro l'autonomia.

Poi è arrivato il mio coming out,
e finalmente hai avuto la scusa perfetta.

Hai convinto i catto-fascisti del CSM che ero pazza.
Hai orchestrato la mia lobotomia chimica.
Mi hai fatto privare per anni della mia capacità giuridica.
Hai voluto vedermi spenta, docile, drogata, senza forza.
E forse, mentre mi vedevi annientatə, provavi un piacere sottile. Un fremito.
Sì, madre.
Lo ricordo come ti brillavano gli occhi nel vedermi debole e vuota.
Ti divertiva l'idea di ridurmi a una versione compatibile con la tua norma.

Perché così eri tu, finalmente, la persona "giusta".
Io, invece, il tuo mostro.
La tua vergogna.
Il tuo specchio, che hai provato a rompere mille volte - senza riuscirci mai davvero.

Hai fatto di me la tua valvola di sfogo.
Hai riscritto il copione della tua infanzia,
stavolta mettendoti tu nel ruolo della matrigna cattiva.
Con metodo.
Con freddezza.
Con malvagità.

Mi hai cresciuta a colpi di disprezzo,
di sarcasmo passivo-aggressivo,
di violenze che nessuno voleva vedere.
Hai trascinato un gatto che ti disturbava per la coda davanti a me, bambina,
solo per insegnarmi che l'empatia è un errore.
Che amare è pericoloso.
Che essere dolci significa offrire la gola al coltello.

Ma io no.
Io non ho imparato la lezione.
Ho disertato la tua pedagogia dell'odio.

E con i capelli colorati, i peli dove mi pare, la mente acuta, la bocca su altre vulve, la frusta in mano, la voce rotta e feroce, il corpo e la mente provati dal dolore cronico conseguenza di tutto l'odio che mi hai vomitato addosso...
Continuo a scegliere l'amore.
Continuo a scegliere la libertà.

E lo farò
Finché avrò la forza di respirare.

( Maria Grazia Martina Cacciatore)

06/03/2025

Sto ancora in uno stato per nulla dignitoso.
Non per scelta, non per mancanza di volontà, ma per una serie di condizioni strutturali che mi passano sopra come tir:
povertà grave,
dolore cronico da fibromialgia,
un sistema sanitario collassato,
un patriarcato che continua a sputarmi addosso e mi dice di ringraziare.

Pensavo di prendere l'erba legale per non bestemmiare ogni giorno appena mi sveglio.
Sempre che esista ancora, dopo l'ennesima minchiata proibizionista.
Ma anche se c'è, non posso permettermela.
Come non posso permettermi la fisioterapia.
Come non posso permettermi la psicoterapia.
Come non posso permettermi gli integratori per la fibromialgia.
Come non posso permettermi le fotocopie per l'università.
Come non posso permettermi di fare la spesa ogni settimana perché la dieta antinfiammatoria è troppo costosa per me.

Che bel vivere, eh?
Sarebbe quasi poetico, se non facesse schifo da togliere il fiato.

Eppure, tra i cocci e le ossa che scricchiolano, qualcosa di bello sta anche succedendo.
Mi sto, forse, "innamorando".

Io, nella mia anarchia relazionale mi sento già innamorata in mille sfumature delle mie personcine di cura, ma stavolta sento qualcosa di viscerale.
Una di quelle robe che non ti chiedono permesso, ti prendono la gola, e sussurrano:
"se fosse reale stavolta?" "e se fosse safer?"

Ma poi arriva il contrappeso:
la lunga lista dei traumi, la cronologia delle batoste, la cicatrice dietro ogni gesto gentile.
E mi dico:
"andrà a puttane, come sempre, perché non me lo merito."

Non perché questa persona sia una st***za.
Ma perché io mi sento oggettivamente indesiderabile.

Non scopabile, eh.
Quella, la carta scopabile, ce l'ho ancora nel mazzo.
Purtroppo.
Lo so anche troppo bene.
Bella, giovane, magra.
Wow. Che pacco regalo, no?

Peccato che questi "complimenti" siano solo la versione edulcorata dell'oggettivazione.
Che io sia magra perché non ho i soldi per mangiare.
Che io sia "bella" perché rientro - per puro caso e maledizione - nei canoni che mi fottono l'esistenza.
E comunque non ho nemmeno i soldi per la ceretta.
Quindi magari perderò anche quel biglietto per il circo della desiderabilità.

Ma resterà solo questa cosa nella mia testa da animaletto traumatizzato:
la sensazione che, senza quello, non ci sia più niente di me da voler vedere, sentire, toccare.

Maria Grazia Martina Cacciatore

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